(ANS – Anisakan) – Dal 27 al 30 novembre Papa Francesco compirà un viaggio apostolico in Myanmar, all’insegna del motto: “Amore e Pace”. In vista di tale importante appuntamento, atteso da tutta lo società birmana, abbiamo rivolto alcune domande a don Bosco Zeya Aung, Vicario ispettoriale e Delegato per la Formazione dell’Ispettoria salesiana in Myanmar.
di don Silvio Roggia, SDB
Dove si trova Don Bosco oggi in Myanmar?
La presenza della Famiglia Salesiana in Myanmar è significativa, con un lungo passato e un promettente futuro. In questo paese, che conta quasi 60 milioni di abitanti e dove i cattolici sono meno dell’1%, i Salesiani sono 77, presenti in 9 opere, con un buon numero di giovani in formazione iniziale, sia all’interno che fuori dal Myanmar per i loro studi. Le Figlie di Maria Ausiliatrice sono 36 e hanno 4 Comunità.
La comunità salesiana “Nazareth” di Anisakan, di cui lei è Direttore, è una delle più antiche nel paese. Che lavoro fate?
La casa “Nazareth” ha iniziato a ospitare ragazzi già nel 1957. Quasi tutti i salesiani del paese sono passati da questa casa, compreso il card. Charles Maung Bo, che è diventato poi amministratore apostolico e poi vescovo di Lashio, quindi di Pathein e dal 2003 di Yangon, la più grande città della Birmania, capitale fino al 2005. Due anni fa Papa Francesco lo ha creato cardinale.
Oggi a Nazareth abbiamo 120 ragazzi delle ultime quattro classi della scuola di base (dalla sesta alla decima – dai 12/13 a 16/17 anni). Le domande sono molto di più di quanto riusciamo ad ospitare e speriamo l’anno prossimo di poter accogliere fino a 200 ragazzi.
Qual è la storia salesiana in Myanmar?
I Salesiani arrivarono a Mandalay – antica capitale del regno e ora nuovamente capitale politica del paese – nel 1939. Dopo qualche anno fu loro richiesto di lasciare la capitale e spingersi nella regione di Lashio, a quei tempi una delle più remote, zona di prima evangelizzazione, dove alcuni padri del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) avevano già dato vita alle prime comunità cristiane. Di fatto furono quei Salesiani a impiantare stabilmente la Chiesa in quella regione e farla crescere fino a diventare una nuova diocesi.
Con il colpo di stato del 1962 e l’uscita forzata dei missionari – solo don Fortunato Giacomin poté rimanere con i primi giovani salesiani locali – seguirono tempi molto difficili, ma un gruppetto di fedelissimi rimase, con base proprio ad Anisakan.
Poco per volta il lavoro educativo pastorale è ripreso e ora abbiamo presenze missionarie, due convitti come questo di “Nazareth” dove i ragazzi vivono e studiano, pur dovendo sostenere esami esterni – non c’è autorizzazione per scuole private.
A Kalay c’è un’opera simile per 70 ragazzi e anche a Thibaw, dove c’è anche una comunità per aspiranti e prenovizi. C’è poi una scuola tecnica a Myitkyina, che ospita ragazzi di diverse etnie e prevalentemente di famiglie buddiste. Molti di questi ragazzi hanno sviluppato dipendenze da alcool o droghe, fenomeni purtroppo molto diffusi tra i giovani in alcune zone del paese.
A Mandalay si è aperto da qualche anno il centro “Don Bosco Friend of Youth”, una casa per ragazzi senza famiglia e con situazioni forti di disagio che non rende possibile il loro reinserimento familiare – il quale rimane sempre il primo obiettivo, ove possibile. Con l’educazione di base, l’apprendimento informale di mestieri e diverse abilità, come la panetteria-pasticceria che fa parte del sistema di autofinanziamento del centro stesso, i ragazzi vengono aiutati a reinserirsi con dignità nel tessuto sociale, quando raggiungono la maggiore età.
E per il futuro, cosa può offrire Don Bosco al Myanmar?
I numerosi turisti che vengono in Myanmar mettono di solito in programma lo spettacolo dell’alba, che ha una bellezza particolarissima qui per l’ambiente naturale e le condizioni climatiche. Possiamo dire che anche per la vita salesiana stiamo vivendo una nuova aurora, grazie all’incoraggiante numero di nuove vocazioni che permettono di avere diversi confratelli che si stanno preparando per la loro missione, con studi portati avanti nelle Filippine e alcuni a Roma. Sicuramente il lavoro non mancherà, perché i giovani che hanno veramente bisogno di un amico come Don Bosco sono tantissimi. Le relazioni tra la Chiesa e la maggioranza buddista della popolazione sono molto cordiali e si può lavorare bene insieme.
Cosa si aspetta il Myanmar dalla visita di Papa Francesco?
Credo che lo slogan che si vede già stampato su magliette e bandiere colga nel segno: “love and peace”, “amore e pace”. Il paese ha un grande bisogno di percorrere sentieri di giustizia, riconciliazione, pace, attenzione verso chi è più in difficoltà o ai margini. In qualche modo quello che si fa in centri come “Nazareth”, dove ragazzi di diversi gruppi etnici imparano a vivere insieme con grande amicizia, va già in questa direzione.
Preghiamo perché le parole e l’esempio di Papa Francesco aiutino a gettare solide fondamenta per un futuro di pace e dialogo sincero tra la varietà di etnie e religioni che formano questa nazione.